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Ma al Sud si è più stupidi? - Il Sole 24 ORE
(troppo vecchio per rispondere)
Artamano
2010-11-03 21:07:35 UTC
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articolo interessante perchè mostra la stupidità della cultura occidentale
attuale.
Secondo Barbujani le ricerche di Lynn,pur discutibili,sono sbagliate perchè
porterebbero alle camere a gas.
Ora,posto che la storia l'hanno scritta i vincitori e le pretese camere a
gas sono una storia difesa con la forza,non c'entrano niente con il
quoziente di intelligenza.
Nessuno ha mai detto che gli ebrei fossero stupidi.
E il problema dell'ereditarietà delle caratteristiche psichiche è complesso
e spinoso per la cultura attuale.

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Tempo%20libero%20e%20Cultura/scienza-filosofia/rubrica-storia-delle-idee/sud-intelligence-richard-lynn.shtml?uuid=7bbb2d52-2f7a-11df-bae3-75ef8957a0d6

Ma al Sud si è più stupidi?
di Guido Barbujani


Nel numero di gennaio della rivista «Intelligence», Richard Lynn, psicologo
nordirlandese, ha proposto una tesi che fà discutere: il sud dell'Italia è
più povero del nord perché i suoi abitanti sono meno intelligenti, e al sud
sono meno intelligenti perché nel corso della storia si sono mescolati con
gli africani, che sono ancora più stupidi.

È una tesi che va presa sul serio, se non altro per le conseguenze esplosive
che avrebbe se si dimostrasse fondata.

Vediamo allora da dove viene. Lynn ha cominciato calcolando quozienti
d'intelligenza, i famosi QI. In realtà non li ha proprio calcolati: per fare
prima ha preso i test del PISA, il programma della OCSE per la valutazione
degli studenti, e ha scoperto che Veneto, Trentino e Friuli stanno un pelo
sopra la media OCSE, che è 509, mentre tutto il resto d'Italia sta sotto, e
la Sicilia molto sotto.

Tramite una formula che non si premura di spiegare ha trasformato queste
misure di successo scolastico, che come sappiamo dipende da tanti fattori,
in misure di QI, cioè in qualcosa che secondo lui è congenito ed ereditario.
Poi ha preso vari indici di scolarità, reddito, statura e mortalità
infantile, e ha visto che sono correlati col QI. «Ergo - dice Lynn - al sud
ci sono redditi inferiori, si muore di più da bambini, si va a scuola di
meno, e addirittura si è più bassi, perché si è meno intelligenti».

Siccome poi ha letto che in Europa molte caratteristiche genetiche sono
distribuite a gradiente da sud a nord (dal Paleolitico in poi, è dal Medio
Oriente che sono venuti i nostri antenati) ha puntato il dito sugli
immigranti africani, a suo dire notoriamente poco intelligenti. È colpa
loro, dei loro geni scadenti. Piano però: qualcosa non quadra. Anzi,
parecchio. Intanto, chiunque abbia un po' di familiarità con la statistica
sa che è facile trovare delle correlazioni, ma scoprire le cause dei
fenomeni è una storia diversa. Il consumo mondiale di Viagra è inversamente
correlato con la produzione di camion in Svezia: uno cresce, l'altra cala.
Chi però sostenesse che i farmaci contro l'impotenza si diffondono a causa
della crisi dell'industria camionistica (o viceversa) sarebbe prima o poi
costretto a sostenerlo dall'interno di una camicia di forza. Quindi non si
capisce cosa renda Lynn così sicuro che gli scarsi QI siano la causa, e non
l'effetto, della povertà e dei bassi livelli d'istruzione (sulla statura,
lasciamo perdere).

E chi l'ha detto poi che gli africani sono meno intelligenti degli altri? Ma
sempre Lynn, nel suo libro Differenze razziali nell'intelligenza. Se lo si
sfoglia, i dubbi però aumentano. Tutta l'Africa, ogni singolo paese, ha QI
bassi e uguali: Ciad, Sudan, Somalia. paesi in guerra, chi mai sarà andato a
fare dei test in ognuno di loro? E poi i conti non tornano. I dati del PISA
sono in rete, e non dicono quello che dice Lynn. La media OCSE, dicevamo, è
509 punti e l'Italia, con 511, ci sta un po' sopra. Ma come è possibile, se
secondo Lynn in tutte le regioni tranne tre, i nostri studenti sono ben
sotto la media? E infine: nel test del PISA i peggiori studenti sono i
lussemburghesi e i norvegesi; anche Francia e Polonia sono messi peggio di
noi. È sempre colpa dell'immigrazione storica dall'Africa? In Norvegia?

La psicologia moderna ha abbandonato questo tipo di analisi. Nelle
intenzioni del suo inventore, Alfred Binet, il calcolo del QI serviva ad
altro, cioè a individuare in che aree cognitive un bambino avesse delle
difficoltà, per meglio indirizzare lo sforzo didattico. L'uso del QI per
giustificare le disuguaglianze sociali e fra popoli, attribuendole a una
gerarchia innata e quindi immutabile, ha avuto la sua stagione ai primi del
Novecento ma è stato abbandonato per due motivi: perché è scientificamente
indifendibile, e perché ha portato dritti alle camere a gas.

Tutti sappiamo che non siamo tutti uguali. Sappiamo però che ci sono tante
forme d'intelligenza, e riassumerle in un solo numero è, più che
impossibile, insensato. Chi è più intelligente, una che gioca bene a scacchi
e va male in storia, o uno che prende buoni voti ma non sa cambiare una
lampadina? Capire le basi di queste differenze, che sono in parte anche
biologiche, è un compito difficilissimo, ma quando ce l'avremo fatta avremo
più strumenti per aiutare chi ne ha bisogno. Con questi nobili propositi,
Lynn non ha niente a che fare. Non ha nemmeno provato a verificare
seriamente un'ipotesi: ha solo ribadito, condendoli con calcoli strampalati,
i suoi personali e sciocchi pregiudizi.

14 marzo 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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La rivincita della scienza
http://www.uomo-libero.com/
V'è un complesso di tecniche diagnostiche neurologiche che si chiamano brain
imaging, vale a dire "immagine cerebrale": I' elettroencefalografia
tridimensionale che si avvale di modelli matematici; la tomografia a
emissione di positroni - la cosidetta PET; le immagini da risonanza
magnetica funzionale la cosidetta fMri - che dà una misura della irrorazione
sanguigna nei vari vasi cerebrali; la spettroscopia a risonanza magnetica -
il cosidetto Mrs - che valuta le variazioni biochimiche, più la nuova
tecnica PET chiamata gene reportersonda reporter che consente per ora, su
alcuni animali e su bambini affetti da malattie incurabili, di seguire e
individuare i geni specifici che, dentro il cervello, si illuminano sullo
schermo di uno scanner.


Sono mezzi di alta e penetrante ricerca, che consentono una valutazione
diretta del rapporto fra le varie strutture del cervello e la loro funzione.


Ma tutto questo non è affatto nuovo. Nel nostro volume Le radici e il seme,
uscito in prima edizione nel lontano 1981, io elencavo tutti i fattori
scientifici diretti e indiretti che consentivano di stabilire in modo
inconfutabile questo rapporto. Scrivevo infatti allora, sulla base di
elementi raccolti nei decenni precedenti e stesi in volume nel corso del
1979 - 1980: "Vi è stato un lungo tempo - da quando il neurochirurgo
portoghese Moriz la introdusse nel 1936, fino agli anni '50 - in cui veniva
largamente praticata la lobotomia prefrontale (o leucotomia) su pazienti
psicotici o affetti da intollerabili crisi dolorose allora non altrimenti
curabili; vi sono stati casi, fortunatamente molto meno numerosi, di
soggetti operati di lobectomia temporale bilaterale per grave epilessia
farmacologicamente incontrollabile, e di amigdalectomia per turbe del
comportamento sessuale, inclusa la omosessualità; vi sono state due guerre
mondiali, e tutto un calendario di guerre minori, con legioni di craniolesi
di ogni tipo e ogni entità; vi è la recente scientifizzazione della
psichiatria, con le lucide acquisizioni relative alla stretta connessione
tra turbe psichiche ed alterazioni organiche, sia anatomiche, sia e
soprattutto bioumorali, su base genetica; vi è tutto un pullulare di
laboratori sperimentali in cui - stimolando, lesionando o asportando parti
dei centri nervosi di animali - si evidenziano i comportamenti connessi a
quei centri o controllati da essi; vi sono tutte le malattie del cervello -
vascolari, infettive, tumorali - che offrono ogni giorno al neurologo o al
neurochirurgo il quadro plastico dell'intima relazione tra ,specifici schemi
di comportamento e specifiche aree dell'encefalo.


Vi sono intere biblioteche sull'argomento, montagne e montagne di pagine
sotto forma di comunicazioni personali o di equipes, relazioni di congressi
e convegni, pubblicazioni scientifiche, riviste, opuscoli, testi e trattati.


Ebbene, le conclusioni sono sostanzialmente univoche: il substrato organico
della visione cosciente è in quella certa area, quello della parola
nell'altra, quelli dell'attività, dell'aggressività, del senso di
responsabilità o del pensiero astratto in quelle altre ancora; distruggi
quel centro bilateralmente, e quel soggetto non avrà più memoria alcuna, né
remota né recente; stimola quel certo punto della corteccia, e riaffiorerà
quel certo specifico ricordo, riapparirà quella certa determinata immagine,
verrà rivissuta dal soggetto quella certa particolare esperienza; danneggia
quel nucleo e scomparirà ogni aggressività, irrita l'altro e il
comportamento sessuale si farà a anomalo. Separa i due emisferi cerebrali
sezionandone le connessioni mediane, ed otterremo due diverse personalità
intellettive, due mondi separati ed i dipendenti di esperienze sensoriali e
di loro elaborazione, di capacità mnemoniche e di capacità di apprendimento.


Se v'è oggi qualcosa che per lunghi decenni sia stato studiato, indagato,
frugato, vivisezionato, misurato, pesato, confrontato, quel qualcosa non può
essere, senza ombra di dubbio, che il rapporto fra struttura e funzione del
cervello dell'uomo.


E tuttavia l'intera cultura corrente, e quindi l'opinione dei più, è
larghissimamente dominata da indirizzi e scuole di pensiero, filosofiche,
ideologiche, antropologiche, psicologiche, sociologiche, pedagogiche,
morali - che pretendono di studiare, definire e interpretare, o addirittura
indirizzare e determinare, i comportamenti umani, ossia la funzione, senza
conoscere nulla della struttura che la sottende. Anzi, ignorando del tutto
l'esistenza stessa di un rapporto struttura - funzione nel campo della
psiche umana.


Non ci occuperemo qui dell'assurdità, dell'anacronisticità, della
pateticità, della pericolosità di tale diffuso fenomeno, e neppure ci
preoccuperemo delle sue cause, di cui abbiamo discusso altrove. Si tratta
del resto di un fenomeno che non risparmia quasi alcuno dei molteplici campi
della conoscenza scientifica: dalla microfisica alla biologia molecolare,
dalla genetica all'etologia, dalla psicologia sperimentale alla
neurofisiologia, tutte le branche della ricerca e del sapere scientifico
vengono oggi formalmente ossequiate, ma sostanzialmente e praticamente
ignorate. Si accettano e si utilizzano le loro applicazioni pratiche in
campo tecnologico, ma non si raccoglie la loro lezione fondamentale.


Il partito dell'anti-scienza, il gran partito di Utopia, con tutte le sue
opposte sette e tutte le sue ramificazioni che giungono a dettare sudditanza
ideologica o psicologica persino ad uomini della ricerca e del sapere
scientifico ,

domina oggi incontrastato il mondo della pubblica opinione e della cultura
di massa. ". Ma oggi non è più così. Ufficialmente, grandi nomi della
ricerca, della applicazione pratica e dell'insegnamento universitario
ammettono scopertamente, talora con rammarico, la inconfutabilità delle
conclusioni, Per molti di loro, soprattutto in America, la formazione
culturale di fondo è stata di tipo illuministico: l'ambiente -
l'educazione - era l'elemento determinante sia della personalità individuale
che del progresso evolutivo della umanità. Niente era innato. Ora, la nuova
scuola dissacra le basi di questa formazione.

Il capo naturale di questa scuola è Edward 0. Wilson, un grande zoologo,
autore di due libri che hanno lasciato un profondo segno: The insect
Societies, e Sociobiologia: la nuova sintesi. E il creatore di una nuova
disciplina, la sociobiologia. Le conclusioni scientifiche non lasciano
dubbi: il cervello umano - ogni singolo cervello umano - non è una tabula
rasa che l'esperienza debba riempire attraverso l'accumulo di impressioni e
informazioni, ma è un "negativo impressionato in attesa di essere immerso
nel liquido di sviluppo".

L'ambiente, cioé la vita che lo accoglie e lo nutre, può portarlo - a
seconda che esso sia positivo o negativo - al massimo della sua pienezza o
al minimo della crescita e del rigore: il cervello di un grande matematico,
o di un prodigioso portiere di calcio, se non è stimolato da attività ed
esercizio non svilupperà mai le proprie caratteristiche, mentre al contrario
ricerca ed allenamento stimoleranno lo sviluppo pieno delle potenzialità
genetiche. Quello che però è certo è che il risultato conclusivo era già
contenuto, in potenza, nella pellicola genetica del cervello.

Il problema centrale, conclude Wilson, è che dalla genetica non dipendono
soltanto l'intelligenza, le inclinazioni, i ruoli, l'aggressività e
l'emotività, ma anche le scelte morali fondamentali, che non sono affatto il
prodotto di un libero arbitrio, ma espressione di tendenze iscritte da
sempre nel patrimonio genetico del nostro cervello. Queste sono, del resto,
affermazioni lucidamente scritte nel mio libro del 1981.

Un altro volume, edito nel 1993 da un altro Wilson, James Q. - senza legame
alcuno con Edward O. Wilson - è The moral sense, che tratta del rapporto tra
scelte etiche e regioni limbica e ipotalamica del cervello. Un libro che ha
avuto grande influenza nell'ambiente neuroscientifico: sono anche queste
conclusioni tratte nel mio libro del 1981.

E questa ormai la posizione sostanziale che neuroscienziati e ricercatori
hanno in comune, ma che viene espressa con estrema cautela. Il fondatore
stesso della sociobiologia, Edward O.Wilson, è un vecchio liberal infarcito
da sempre delle antiche sciocche credenze politically correct -
antirazzismo, femminismo, permissivismo sessuale, bontà naturale dell'uomo,
raziopacifismo ed enuncia le verità inconfutabili della scienza con palese
rammarico.

Parlando della differenza genetica tra maschio e femmina nella visione delle
cose, e quindi della naturale separazione del loro lavoro, Wilson scrive:
"Ora, non sappiamo a che punto della evoluzione umana questo tratto sia
emerso, né quanta resistenza opponga alle continue e giustificate pressioni
esercitate in nome dei diritti umani".

Ecco, in questa espressione di Edward O.Wilson le "giustificate" pressioni
tradiscono il politically correct, senza impedire alle femministe americane
di invadere una sua sala di conferenze, di rovesciargli addosso acqua e
blocchetti di ghiaccio, e di sbeffeggiarlo pubblicamente.

Inoltre, la più famosa femminista americana, Gloria Steinem, ha dichiarato
televisione che bisognava interrompere subito gli studi sulle differenze
genetiche tra il sistema nervoso del maschio e della femmina.

Ma l'organizzazione dei politically correct d'America - i "sinistri"
americani- è ormai radicalmente scatenata contro la nuova scienza. Non si
tratta di confutarne le tesi, né di proporre altre vie di studio o di
ricerca. Si tratta di proibirla. Se non di proibirne le indagini, di
proibirne la discussione e la pubblicizzazione. Questo non vale solo per la
sociobiologia, ma anche per altre discipline e ampi di ricerca: tutti ormai
pongono nella genetica - quindi in una predisposizione innata - l'intera
personalità di ogni singolo individuo, e ognuna delle sue libere scelte.

Uno studio che ha avuto in America una grande notorietà e un persistente
strascico è quello di due psicologi dell'evoluzione, David Likken e Anke
Telleken dell'Università del Minnesota, che dopo uno studio su duemila
gemelli hanno concluso che la felicità di un individuo ha sostanzialmente
basi genetiche.

Così il nostro senso estetico, così l'inclinazione del maschio alla
poligamia così l'omosessualità, così la tendenza alla criminalità.

Quando il famoso psichiatra Frederick K. Goodwin, capo dell'amministrazione
federale per alcol, droga e salute mentale, nel 1992 presentò a on un
progetto dell'Istituto nazionale di salute mentale che trattava della
"iniziativa violenza", la relazione che ne sorti fu esplosiva. L'
"iniziativa violenza" procedeva, nel silenzio generale dell'indifferenza, da
dieci buoni anni:è un programma sperimentale che, come avviene
accertatamente tra le scimmie, parte dalla premessa che gran parte della
criminalità sociale umana sia prodotta da giovani maschi geneticamente
predisposti.

L' "iniziativa violenza" presupponeva di individuare fin dall'infanzia
questi potenziali criminali e trattarli con terapie adatte.

La gran congerie dei sinistri d'America entrò immediatamente in azione:
Goodwin fu dichiarato fascista, si mobilitarono deputati e senatori, vennero
richieste ed ottenute le dimissioni di Goodwin. Dopodiché il dipartimento di
Sanità e Servizi umani del governo negò che fosse mai esistita un'
"iniziativa violenza". Un convegno già fissato nel maggio 1993
all'Università del Maryland venne annullato. E quando un esperto della
stessa Università, David Wassermann, due anni dopo tentò di riunire i
dispersi ricercatori a Queenstown, un piccolo centro della costa orientale
del Maryland, nonostante la copertura ufficiale di una condanna dei
"nefasti" movimenti eugenetici di inizio secolo, una folla di protestatarii
che inveivano contro il "genocidio" invase la sala e fece chiudere i lavori
con una condanna della "pseudoscienza razzista".

Ancora peggio va nelle ricerche sulle differenze di intelligenza. Per quanto
la maggioranza dei neuroscienziati sia convinta che la dotazione di
intelligenza dipenda fondamentalmente da fattori genetici, una ditta di nome
Neurometrics, che cerca da tempo di commercializzare una cuffia per testare
l'intelligenza, di basso costo e di semplice uso, l'IqCap, basata sugli
studi di E. Roy John e Duilio Giannitrapani, non trova i finanziamenti
necessari.

Stabilito che la scienza emette sentenze che non concedono appelli, il clima
che pervade la politically correctness è quello dell'ostracismo delle
neuroscienze: sembra di essere tornati nell'epoca storica in cui la
dissezione dei cadaveri e le speculazioni sul firmamento erano proibite
dall'autorità morale e giuridica della Chiesa.

Il che non impedì certo alle scienze di progredire, ancorché ad asperrimo
prezzo.

Gli autori più anziani - spesso vittime essi stessi, cominciando da Wilson,
del sinistrismo corrente imposto dai grandi finanziatori della ricerca, gli
oligarchi mondialisti dell'establishment - sono ben consapevoli del clima
dominante, e si muovono con un minimo di circospezione che pure non evita
attacchi e ingiurie. Quella che invece non cerca alcuna cautela è la giovane
generazione di neuroscienziati: nelle conversazioni private, nei dibattiti
informali che essi chiamano bull sessions - chiacchierate fra maschi - essi
esprimono la più indifferente libera determinazione.

Dalla fine degli anni Settanta, nell'era di Wilson, gli studenti di college
sono entrati a frotte nelle neuroscienze. La Society for Neuroscience aveva
nel '70 1100 iscritti. Al suo ultimo congresso, a S. Diego, 23.052 fra
professori, ricercatori e studenti ne hanno fatto forse il più numeroso
raduno professionale degli States.

Il settore che mostra il massimo richiamo è quello della filosofia
accademica, che vede masse di studenti passare continuamente ai laboratori
di neuroscienze.

Il "brain imaging" - questa abbozzata ma palese copia del cervello umano e
delle sue funzioni comportamentali basate sulla genetica - apre la porta
alla più grande rivoluzione culturale mondiale dopo quella di Darwin: non è
la Cultura che può influenzare e governare alla lunga il futuro dell'Uomo,
ma è la Natura, con le sue leggi fisse, immutabili ed inviolabili.

Qundo Nietzsche, avvertito con angoscia il mondo che "Dio è morto",
alludendo al darwinismo scriveva che "se le dottrine ... della mancanza di
ogni diversità cardinale fra l'uomo e l'animale - dottrine che io ritengo
vere ma micidiali - saranno scagliate nel popolo per una generazione ...
nessuno si dovrà poi meravigliare se ... compariranno forse sulla scena
dell'avvenire sistemi di egoismi particolari, affratellamenti a scopo di
rapace sfruttamento dei non fratelli".

Per tutto il Ventesimo secolo, affermava Nietzsche, l'umanità avrebbe
continuato a credere stancamente a quella cosa "miserevole e illusoria"
costituita dai vecchi codici morali in disarmo. Ma nel Ventunesimo secolo
apparirà un'era ancor più terrificante di quella dei grandi conflitti,
un'epoca di eclissi totale di ogni valore, che nessuno, senza un Dio che
ammonisca e punisca, potrà mai superare.

Crollate nella evanescenza dell'innaturale artificio le invenzioni della
Cultura - con la morte di Marx, con la morte di Freud, con la morte di
Pavlov - è crollato il sogno di una supremazia del comportamento umano
determinato dall'ambiente, e determinato con una forza che si approssima
alla progettazione.

L' uomo resta quello che è. Da quando esiste la specie umana - l'Homo
sapiens sapiens, con retaggi di primitivismo e di incompiutezza di
maturazione che analizzammo scientificamente nelle "Radici e il seme" -
niente può più modificare la natura dell'uomo.

Vi sono ancora idee correnti, piani, programmi e servizi dedicati a interi
popoli secondo il "miserevole e illusorio" credo dell'ambiente formativo,
così come vi sono leggi, costituzioni e istituzioni sociali dello stesso
tipo. Lebbra

che pervade l'umanità.

Il futuro, che forse comincia a prendere corpo nei giovani neuroscienziati,
appartiene a chi ha il coraggio della impietosa ricerca della verità, per
piegare il corso della storia alle leggi della Natura facendo festa di tutto
quello che con l'ambiente, il raziopacifismo, il femminismo ha fino ad oggi
avuto potere. Un potere ancora grande, servito da tutte le strutture di
vertice, e da gran parte del mondo delle forze intermedie e di base.

Ferma e salda qua e là la famiglia, ferma e immutabile l'umana natura,
bisogna attendere il giorno in cui la rivolta delle forze vitali naturali
restituirà all'Uomo la volontà di seguire raziocinio e conoscenza.

Bisogna che il mondo degli uomini veri - non i gay, condannati dalla natura
alla corruzione del corpo sociale, non le femministe, condannate a seminare
caos e disordine, non i criminali, condannati a generare decadenza e
impoverimento - riprenda il controllo dei popoli e ritrovi un Dio nei Padri
e nelle loro leggi, o un freno alla umana natura nella tradizione religiosa,
o gli antichi Dei alti compagni della tragica vita dell'uomo.

La vita, condizionata dalla verità della nostra natura, conterrà sempre un
seme epico e tragico che il vile fuggirà nella rinuncia. Sarà il più forte e
il più aggressivo, moderato dall'amore per la comunità che nasce dal senso
di appartenenza, a dominare la vita di tutti.Non c'è altra scelta.

Alcuni rifiuteranno la verità e la scienza, alcuni altri resisteranno sulle
antiche posizioni della cultura illuminista, altri ancora rigetteranno la
vita. Ma i più forti - i Vivi - reggeranno in piedi il grande urto: e tre
secoli di follia, nella crescita di una scienza che dice solo la verità,
saranno cancellati dalla storia.

Tragica, disperata, violenta e suprema, la Vita prevarrà.

Questa vita che vede oggi gli uomini morire ogni anno a milioni sulla crosta
del pianeta per la fame, le malattie, le miserie, gli odi tribali, le
guerre, le rivoluzioni, i massacri, i disastri ecologici, i macelli
razziali, tocca oggi per l'intera umanità i suoi limiti più aspri e
terrificanti. Nessuno deve illudersi che la vita, dalla Patagonia a
Vladivostock, dalla Nuova Zelanda alla Carelia, sia quella delle decine di
milioni di uomini del Nord avanzato.

Siamo un'isola di benessere in un deserto di miseria che noi sfruttiamo
predacemente, ma che allo stesso tempo ci assedia dai confini del nostro
potere spiando ogni segno di debolezza. La nostra debolezza attuale sta
nella Cultura

che domina il Nord avanzato sotto l'egemonia della "civiltà" americana.

Il suo primo segno è il presente indirizzo della epistemologia, che spinge
oggi filosofi, matematici e talora scienziati a negare alla scienza la
capacità di comprendere appieno l'uomo, la vita, la storia. Nietzsche, dopo
avere profetizzato gli scontri mondiali del Ventesimo secolo e l'eclissi
totale d'ogni valore del Ventunesimo, pronosticò che la scienza avrebbe
volto contro se stessa il maligno serpe del suo scetticismo e, posta in
discussione la validità dei suoi

fondamenti, si sarebbe autodistrutta.

lo sono certo che la scienza, dopo decenni di interni dissidi, continuerà la
sua strada di verità senza appelli, e le sue applicazioni pratiche
consentiranno ai Paesi del Nord di raggiungere pianeti estremi o di far
saltare la Terra.

Ma intanto per due, per tre generazioni le strutture politiche e culturali
del Sistema continueranno a spingere i popoli al credo liberal le cui
fondamenta sono antiscientifiche.

Finché il dominio della Nuova Scienza non giungerà ad impadronirsi della
cultura di fondo e non cambieranno radicalmente le condizioni politiche
della Terra: allora la sorte imporrà classi dirigenti diverse. Siano esse
consapevoli e raziocinanti - e quindi naturali - o siano esse primitive e
ignoranti d'una scienza dimenticata - e quindi altrettanto naturali - la
vita dei popoli riprenderà tutta a muoversi nella Storia secondo leggi
antiche. Cadranno finalmente i dettami di una costruzione intellettualistica
prodotta dall'Illuminismo, e gli ordinamenti della vita sociale obbediranno
al sentire profondo dell'uomo e al suo indominabile, radicato, bisogno del
Sacro e del Divino.

Sergio Gozzoli





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www.nod32.it
Pier
2010-11-04 05:00:56 UTC
Permalink
Post by Artamano
Ma al Sud si è più stupidi?
di Guido Barbujani
Nel numero di gennaio della rivista «Intelligence», Richard Lynn,
psicologo nordirlandese, ha proposto una tesi che fà discutere: il sud
dell'Italia è
certo che c'è un problemone
ma non è detto che la spiegazione sia questa
le colonie dell'antica Grecia brillavano....

Cerrto che se verrà il Federalismo differenziato
se ne accorgeranno ...e come ! Come si sveglieranno ?
Jinn
2010-11-04 09:17:05 UTC
Permalink
Post by Pier
Post by Artamano
Ma al Sud si è più stupidi?
di Guido Barbujani
Nel numero di gennaio della rivista «Intelligence», Richard Lynn,
psicologo nordirlandese, ha proposto una tesi che fà discutere: il sud
dell'Italia è
certo che c'è un problemone
ma non è detto che la spiegazione sia questa
le colonie dell'antica Grecia brillavano....
è tutto un problema di linguaggio. Esistono linguaggi o dialetti fatti
apposta per sviluppare l'intelligenza, come ad esempio il sanscrito, il
tedesco o il greco antico, che hanno una struttura complessa che contempla
sia l'aspetto flessivo che agllutinante del linguaggio, che le rendono
lingue molto adatte al pensiero scientifico e filosofico. Al contraio il
latino è una lingua essenzialmente flessiva, poco adatta alla filosofia, per
questo gli antichi avevano grande difficoltà a tradurre i termini della
filosofia greca in latino.

Nelle lingue moderne, tutte le lingua romanze sono semplificazioni del
latino, dunque sono strutturalmente meno adatte a sviluppare un pensiero
logico (ad eccezione delle forme scritte del francese e dell'inglese, che
possiedono una complessità accessibile solo alle persone alfabetizzate).
Logico dunque che grandi matematici o scienziati e filosofi, non se ne
trovino nella storia tra i parlanti spagnolo e portoghese o anche dei
dialetti dell'Italia meridionale.
Pier
2010-11-04 10:48:09 UTC
Permalink
Post by Jinn
Logico dunque che grandi matematici o scienziati e filosofi, non se ne
trovino nella storia tra i parlanti spagnolo e portoghese o anche dei
dialetti dell'Italia meridionale.
abbiamo anche il caso dell'ebraico antico, lingua , specie scritta,
molto povera; tuttavia non sarebbero inferiori agli atri tra i migliori

e c'è anche quello dell'India moderna dove sarebbero superlativi
per il softw, conseguenza solo della loro filosofia, indipendentemente
dalla lingua...e allora ?
Jinn
2010-11-04 11:28:13 UTC
Permalink
Post by Pier
Post by Jinn
Logico dunque che grandi matematici o scienziati e filosofi, non se ne
trovino nella storia tra i parlanti spagnolo e portoghese o anche dei
dialetti dell'Italia meridionale.
abbiamo anche il caso dell'ebraico antico, lingua , specie scritta,
molto povera; tuttavia non sarebbero inferiori agli atri tra i migliori
certo che grandi scienziati non se ne trovano tra arabi, e anche tra ebrei
parlanti l'arabo o lo spagnolo e nell'antichità l'aramaico, non a caso tutti
i grandi scienziati ebrei parlavano l'yddish che è una sorta di tedesco.
Strutturalmente le lingue semitiche sono lingue flessive semplificate, come
i dialetti del meridione: è impossibile esprimere sofismi o formulare
teoremi con questi idiomi, anche se lingue così facili da imparare sono
molto utili nei commerci su lunghe distanze
Post by Pier
e c'è anche quello dell'India moderna dove sarebbero superlativi
per il softw, conseguenza solo della loro filosofia, indipendentemente
dalla lingua...e allora ?
la superiorità nel campo delle scienze dei numeri del mondo indiano, oltre
alle loro caratteristiche simili al tedesco, si basa su tipi di scrittura
particolarmente complessa , che usa una cinquantina di simboli tra sillabe e
fonemi alfabetici.
अश्वमित्रः
2010-11-04 13:45:33 UTC
Permalink
Post by Jinn
Post by Pier
Post by Jinn
Logico dunque che grandi matematici o scienziati e filosofi, non se ne
trovino nella storia tra i parlanti spagnolo e portoghese o anche dei
dialetti dell'Italia meridionale.
abbiamo anche il caso dell'ebraico antico, lingua , specie scritta,
molto povera; tuttavia non sarebbero inferiori agli atri tra i migliori
certo che grandi scienziati non se ne trovano tra arabi, e anche tra ebrei
parlanti l'arabo o lo spagnolo e nell'antichità l'aramaico, non a caso tutti
i grandi scienziati ebrei parlavano l'yddish che è una sorta di tedesco.
Strutturalmente le lingue semitiche sono lingue flessive semplificate, come
i dialetti del meridione: è impossibile esprimere sofismi o formulare
teoremi con questi idiomi, anche se lingue così facili da imparare sono
molto utili nei commerci su lunghe distanze
Post by Pier
e c'è anche quello dell'India moderna dove sarebbero superlativi
per il softw, conseguenza solo della loro filosofia, indipendentemente
dalla lingua...e allora ?
la superiorità nel campo delle scienze dei numeri del mondo indiano, oltre
alle loro caratteristiche simili al tedesco,
Scusa, sembra che manchi una parola qui: caratteristiche di che?
Delle lingue? Almeno le lingue indiane settentrionali, tipo hindi e
marathi, non somigliano affatto grammaticalmente né a tedesco neppure
a sanscrito, benché siano ultimamente derivate dalle lingue del
periodo in cui il sanscrito era una lingua naturale.
Jinn
2010-11-05 08:47:26 UTC
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Post by Jinn
la superiorità nel campo delle scienze dei numeri del mondo indiano, oltre
alle loro caratteristiche simili al tedesco,
Scusa, sembra che manchi una parola qui: caratteristiche di che?
Delle lingue? Almeno le lingue indiane settentrionali, tipo hindi e
marathi, non somigliano affatto grammaticalmente né a tedesco neppure
a sanscrito, benché siano ultimamente derivate dalle lingue del
periodo in cui il sanscrito era una lingua naturale.
,,,,,,,,,,,,,,,,,
ti faccio l'esempio della parola 'italiana' dinosauro, che è in effetti una
parola greca derivata dall'unione di due parole greche: dino( terribile) e
sauro (lucertola). Questa capacità di generare nuovi concetti unendo parole
diverse, è un elemento essenziale per lo sviluppo della filosofia e della
scienza, ed è una caratteristica tipica delle lingue germaniche e di quelle
indiane. Invece nelle lingue latine non si possono unire le parole, è quindi
difficile fare neologismi, per questo motivo è difficile tradurre in
italiano i testi di filosofia indiana proprio perché ci mancano le parole.
अश्वमित्रः
2010-11-06 01:45:26 UTC
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ti faccio l'esempio della parola 'italiana' dinosauro, che in effetti una
parola greca derivata dall'unione di due parole greche: dino( terribile) e
sauro (lucertola). Questa capacit di generare nuovi concetti unendo parole
diverse, un elemento essenziale per lo sviluppo della filosofia e della
scienza, ed una caratteristica tipica delle lingue germaniche e di quelle
indiane. Invece nelle lingue latine non si possono unire le parole, quindi
difficile fare neologismi, per questo motivo difficile tradurre in
italiano i testi di filosofia indiana proprio perch ci mancano le parole.
Credo che ci siano dei problemi con questa teoria che hai qui basato
su questo solo esempio. La parola dinosauro si trova anche in
inglese, non c'è alcun'altra parola per il fenomeno. Il lessico del
discorso alto in inglese è quasi interamente greco-latino; si possono
coniare neologismi liberamente basandosi sul lessico greco-latino, e
non solo per questo la capacità filosofica delle lingue latine moderne
non è affatto inferiore a quella di tedesco e inglese. Io so e leggo
ogni giorno il sanscrito, l'inglese, e l'italiano e posso dirti senza
esitazione che non è più facile tradurre il sanscrito in inglese che
in italiano. Inoltre, diresti tu che ci sia una letteratura
filosofica sviluppata e vivace nelle lingue indiane moderne che pensi
fornire agli indiani un vantaggio nei campi filosofico e scientifico?
Quale proporzione degli studenti indiani nel campo informatico, pensi,
sanno le proprie madrelingue (e non parliamo del sanscrito!) tanto
bene quanto possano usarle al livello più alto (essentialmente
sanscritico) per esprimere concetti filosofici e scientifici? Io
oserei a negare che l'avere lo hindi, il marathi, o il tamil (lingua
di una famiglia non-sanscritica con una grammatica essenzialmente
diversa) come madrelingua dia alcun vantaggio del tipo.
अश्वमित्रः
2010-11-05 00:59:03 UTC
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Post by Jinn
la superiorità nel campo delle scienze dei numeri del mondo indiano, oltre
alle loro caratteristiche simili al tedesco, si basa su tipi di scrittura
particolarmente complessa , che usa una cinquantina di simboli tra sillabe e
fonemi alfabetici.
A proposito, quali sarebbero le ragioni specifiche per cui la
filosofia, le lingue, e le scritture indiane aiuterebbero gli indiani
a capire meglio le scienze dei numeri e l'informatica?
अश्वमित्रः
2010-11-04 13:31:36 UTC
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Post by Pier
e c'è anche quello dell'India moderna dove sarebbero superlativi
per il softw, conseguenza solo della loro filosofia, indipendentemente
dalla lingua...e allora ?
La vasta maggioranza degli indù, come di ogni popolo, capiscono solo
molto superficialmente le idee della tradizione filosofica della
propria cultura. L'eccellenza degli indiani in questo campo è dovuta
all'enfasi, nella loro cultura educativa, sulla memorizzazione.
Questa è la spiegazione più accettata anche qui in India.
shellenberg
2010-12-06 17:25:31 UTC
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Post by Jinn
Ma al Sud si pi stupidi?
di Guido Barbujani
Nel numero di gennaio della rivista Intelligence , Richard Lynn,
psicologo nordirlandese, ha proposto una tesi che f discutere: il sud
dell'Italia
certo che  c' un problemone
ma non detto che la spiegazione sia questa
le colonie dell'antica Grecia brillavano....
tutto un problema di linguaggio. Esistono linguaggi o dialetti fatti
apposta per sviluppare l'intelligenza, come ad esempio il sanscrito, il
tedesco o il greco antico, che hanno una struttura complessa che contempla
sia l'aspetto flessivo che agllutinante del linguaggio, che le rendono
lingue molto adatte al pensiero scientifico e filosofico. Al contraio il
latino una lingua essenzialmente flessiva, poco adatta alla filosofia, per
questo gli antichi avevano grande difficolt a tradurre i termini della
filosofia greca in latino.
Nelle lingue moderne, tutte le lingua romanze sono semplificazioni del
latino, dunque sono strutturalmente meno adatte a sviluppare un pensiero
logico (ad eccezione delle forme scritte del francese e dell'inglese, che
possiedono una complessit accessibile solo alle persone alfabetizzate).
Logico dunque che grandi matematici o scienziati e filosofi, non se ne
trovino nella storia tra i parlanti spagnolo e portoghese o anche dei
dialetti dell'Italia meridionale.
Scusa una domanda non polemica ma secondo te Campanella Vico Bruno
Croce Gentile
per fare solo qualche nome recente, non sono filosofi degni di essere
citati?
Io sospetto che pochi popoli possano vantare un simile palmares.

Paolo
2010-11-06 17:21:28 UTC
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On 3 Nov, 22:07, "Artamano" <***@katamail.com> wrote:

Molte classifiche lasciano il tempo che trovano, causa i criteri con
cui sono elaborate.
Ad esempio di recente il Sindaco di Parma, Vignali, e' stato
classificato tra i piu' amati, e la citta' e' piena di comitati di
protesta.
Oppure Trieste ogni tanto e' in testa alla classifica del Sole VO,
eppure ha meno abitanti che nel 1945, e almeno una meta' riescono a
sopravviverci solo perche' gia' in pensione; certo se molti sono
emigrati per cercare lavoro, li' di disoccupati ne restano pochi.
Nel scegliere i criteri per fare una classifica, ci puo' essere una
buona dose di malafede.
In genere per intelligenza si intende la capacita' di capire (non di
realizzare o altro). Ad esempio chi capisce di trovarsi in pericolo e'
intelligente, e se poi non riesce ad evitare il pericolo questo non
toglie nulla alla sua intelligenza. Mi sembra pero' che negli USA, e
non solo, si intende spesso per intelligenza la capacita' di risolvere
èproblemi, o di adattarsi con successo a nuove situazioni, per e' una
psicologia da gangster, nel senso che il rapinatore di banche o il
mafioso in un modo o nell'altro i suoi problemi li risolve, e questa
definizione crea una tautologia, chi ha avuto successo eidentemente e'
intelligente e quindi il suo successo e' meritato, i falliti sono tali
perche' non abbastanza intelligenti, e' una scienza che sostiene
l'Establishment.
Paolo
Parola
2010-11-07 13:43:01 UTC
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Post by Artamano
articolo interessante perchè mostra la stupidità della cultura occidentale
attuale.
Secondo Barbujani le ricerche di Lynn,pur discutibili,sono sbagliate
perchè porterebbero alle camere a gas.
Ora,posto che la storia l'hanno scritta i vincitori e le pretese camere a
gas sono una storia difesa con la forza,non c'entrano niente con il
quoziente di intelligenza.
Nessuno ha mai detto che gli ebrei fossero stupidi.
E il problema dell'ereditarietà delle caratteristiche psichiche è
complesso e spinoso per la cultura attuale.
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Tempo%20libero%20e%20Cultura/scienza-filosofia/rubrica-storia-delle-idee/sud-intelligence-richard-lynn.shtml?uuid=7bbb2d52-2f7a-11df-bae3-75ef8957a0d6
Ma al Sud si è più stupidi?
di Guido Barbujani
Nel numero di gennaio della rivista «Intelligence», Richard Lynn,
psicologo nordirlandese, ha proposto una tesi che fà discutere: il sud
dell'Italia è più povero del nord perché i suoi abitanti sono meno
intelligenti, e al sud sono meno intelligenti perché nel corso della
storia si sono mescolati con gli africani, che sono ancora più stupidi.
È una tesi che va presa sul serio, se non altro per le conseguenze
esplosive che avrebbe se si dimostrasse fondata.
Vediamo allora da dove viene. Lynn ha cominciato calcolando quozienti
d'intelligenza, i famosi QI. In realtà non li ha proprio calcolati: per
fare prima ha preso i test del PISA, il programma della OCSE per la
valutazione degli studenti, e ha scoperto che Veneto, Trentino e Friuli
stanno un pelo sopra la media OCSE, che è 509, mentre tutto il resto
d'Italia sta sotto, e la Sicilia molto sotto.
Tramite una formula che non si premura di spiegare ha trasformato queste
misure di successo scolastico, che come sappiamo dipende da tanti fattori,
in misure di QI, cioè in qualcosa che secondo lui è congenito ed
ereditario. Poi ha preso vari indici di scolarità, reddito, statura e
mortalità infantile, e ha visto che sono correlati col QI. «Ergo - dice
Lynn - al sud ci sono redditi inferiori, si muore di più da bambini, si va
a scuola di meno, e addirittura si è più bassi, perché si è meno
intelligenti».
Siccome poi ha letto che in Europa molte caratteristiche genetiche sono
distribuite a gradiente da sud a nord (dal Paleolitico in poi, è dal Medio
Oriente che sono venuti i nostri antenati) ha puntato il dito sugli
immigranti africani, a suo dire notoriamente poco intelligenti. È colpa
loro, dei loro geni scadenti. Piano però: qualcosa non quadra. Anzi,
parecchio. Intanto, chiunque abbia un po' di familiarità con la statistica
sa che è facile trovare delle correlazioni, ma scoprire le cause dei
fenomeni è una storia diversa. Il consumo mondiale di Viagra è
inversamente correlato con la produzione di camion in Svezia: uno cresce,
l'altra cala. Chi però sostenesse che i farmaci contro l'impotenza si
diffondono a causa della crisi dell'industria camionistica (o viceversa)
sarebbe prima o poi costretto a sostenerlo dall'interno di una camicia di
forza. Quindi non si capisce cosa renda Lynn così sicuro che gli scarsi QI
siano la causa, e non l'effetto, della povertà e dei bassi livelli
d'istruzione (sulla statura, lasciamo perdere).
E chi l'ha detto poi che gli africani sono meno intelligenti degli altri?
Ma sempre Lynn, nel suo libro Differenze razziali nell'intelligenza. Se lo
si sfoglia, i dubbi però aumentano. Tutta l'Africa, ogni singolo paese, ha
QI bassi e uguali: Ciad, Sudan, Somalia. paesi in guerra, chi mai sarà
andato a fare dei test in ognuno di loro? E poi i conti non tornano. I
dati del PISA sono in rete, e non dicono quello che dice Lynn. La media
OCSE, dicevamo, è 509 punti e l'Italia, con 511, ci sta un po' sopra. Ma
come è possibile, se secondo Lynn in tutte le regioni tranne tre, i nostri
studenti sono ben sotto la media? E infine: nel test del PISA i peggiori
studenti sono i lussemburghesi e i norvegesi; anche Francia e Polonia sono
messi peggio di noi. È sempre colpa dell'immigrazione storica dall'Africa?
In Norvegia?
La psicologia moderna ha abbandonato questo tipo di analisi. Nelle
intenzioni del suo inventore, Alfred Binet, il calcolo del QI serviva ad
altro, cioè a individuare in che aree cognitive un bambino avesse delle
difficoltà, per meglio indirizzare lo sforzo didattico. L'uso del QI per
giustificare le disuguaglianze sociali e fra popoli, attribuendole a una
gerarchia innata e quindi immutabile, ha avuto la sua stagione ai primi
del Novecento ma è stato abbandonato per due motivi: perché è
scientificamente indifendibile, e perché ha portato dritti alle camere a
gas.
Tutti sappiamo che non siamo tutti uguali. Sappiamo però che ci sono tante
forme d'intelligenza, e riassumerle in un solo numero è, più che
impossibile, insensato. Chi è più intelligente, una che gioca bene a
scacchi e va male in storia, o uno che prende buoni voti ma non sa
cambiare una lampadina? Capire le basi di queste differenze, che sono in
parte anche biologiche, è un compito difficilissimo, ma quando ce l'avremo
fatta avremo più strumenti per aiutare chi ne ha bisogno. Con questi
nobili propositi, Lynn non ha niente a che fare. Non ha nemmeno provato a
verificare seriamente un'ipotesi: ha solo ribadito, condendoli con calcoli
strampalati, i suoi personali e sciocchi pregiudizi.
14 marzo 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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La rivincita della scienza
http://www.uomo-libero.com/
V'è un complesso di tecniche diagnostiche neurologiche che si chiamano
brain imaging, vale a dire "immagine cerebrale": I' elettroencefalografia
tridimensionale che si avvale di modelli matematici; la tomografia a
emissione di positroni - la cosidetta PET; le immagini da risonanza
magnetica funzionale la cosidetta fMri - che dà una misura della
irrorazione sanguigna nei vari vasi cerebrali; la spettroscopia a
risonanza magnetica - il cosidetto Mrs - che valuta le variazioni
biochimiche, più la nuova tecnica PET chiamata gene reportersonda reporter
che consente per ora, su alcuni animali e su bambini affetti da malattie
incurabili, di seguire e individuare i geni specifici che, dentro il
cervello, si illuminano sullo schermo di uno scanner.
Sono mezzi di alta e penetrante ricerca, che consentono una valutazione
diretta del rapporto fra le varie strutture del cervello e la loro funzione.
Ma tutto questo non è affatto nuovo. Nel nostro volume Le radici e il
seme, uscito in prima edizione nel lontano 1981, io elencavo tutti i
fattori scientifici diretti e indiretti che consentivano di stabilire in
modo inconfutabile questo rapporto. Scrivevo infatti allora, sulla base di
elementi raccolti nei decenni precedenti e stesi in volume nel corso del
1979 - 1980: "Vi è stato un lungo tempo - da quando il neurochirurgo
portoghese Moriz la introdusse nel 1936, fino agli anni '50 - in cui
veniva largamente praticata la lobotomia prefrontale (o leucotomia) su
pazienti psicotici o affetti da intollerabili crisi dolorose allora non
altrimenti curabili; vi sono stati casi, fortunatamente molto meno
numerosi, di soggetti operati di lobectomia temporale bilaterale per grave
epilessia farmacologicamente incontrollabile, e di amigdalectomia per
turbe del comportamento sessuale, inclusa la omosessualità; vi sono state
due guerre mondiali, e tutto un calendario di guerre minori, con legioni
di craniolesi di ogni tipo e ogni entità; vi è la recente
scientifizzazione della psichiatria, con le lucide acquisizioni relative
alla stretta connessione tra turbe psichiche ed alterazioni organiche, sia
anatomiche, sia e soprattutto bioumorali, su base genetica; vi è tutto un
pullulare di laboratori sperimentali in cui - stimolando, lesionando o
asportando parti dei centri nervosi di animali - si evidenziano i
comportamenti connessi a quei centri o controllati da essi; vi sono tutte
le malattie del cervello - vascolari, infettive, tumorali - che offrono
ogni giorno al neurologo o al neurochirurgo il quadro plastico dell'intima
relazione tra ,specifici schemi di comportamento e specifiche aree
dell'encefalo.
Vi sono intere biblioteche sull'argomento, montagne e montagne di pagine
sotto forma di comunicazioni personali o di equipes, relazioni di
congressi e convegni, pubblicazioni scientifiche, riviste, opuscoli, testi
e trattati.
Ebbene, le conclusioni sono sostanzialmente univoche: il substrato
organico della visione cosciente è in quella certa area, quello della
parola nell'altra, quelli dell'attività, dell'aggressività, del senso di
responsabilità o del pensiero astratto in quelle altre ancora; distruggi
quel centro bilateralmente, e quel soggetto non avrà più memoria alcuna,
né remota né recente; stimola quel certo punto della corteccia, e
riaffiorerà quel certo specifico ricordo, riapparirà quella certa
determinata immagine, verrà rivissuta dal soggetto quella certa
particolare esperienza; danneggia quel nucleo e scomparirà ogni
aggressività, irrita l'altro e il comportamento sessuale si farà a
anomalo. Separa i due emisferi cerebrali sezionandone le connessioni
mediane, ed otterremo due diverse personalità intellettive, due mondi
separati ed i dipendenti di esperienze sensoriali e di loro elaborazione,
di capacità mnemoniche e di capacità di apprendimento.
Se v'è oggi qualcosa che per lunghi decenni sia stato studiato, indagato,
frugato, vivisezionato, misurato, pesato, confrontato, quel qualcosa non
può essere, senza ombra di dubbio, che il rapporto fra struttura e
funzione del cervello dell'uomo.
E tuttavia l'intera cultura corrente, e quindi l'opinione dei più, è
larghissimamente dominata da indirizzi e scuole di pensiero, filosofiche,
ideologiche, antropologiche, psicologiche, sociologiche, pedagogiche,
morali - che pretendono di studiare, definire e interpretare, o
addirittura indirizzare e determinare, i comportamenti umani, ossia la
funzione, senza conoscere nulla della struttura che la sottende. Anzi,
ignorando del tutto l'esistenza stessa di un rapporto struttura - funzione
nel campo della psiche umana.
Non ci occuperemo qui dell'assurdità, dell'anacronisticità, della
pateticità, della pericolosità di tale diffuso fenomeno, e neppure ci
preoccuperemo delle sue cause, di cui abbiamo discusso altrove. Si tratta
del resto di un fenomeno che non risparmia quasi alcuno dei molteplici
campi della conoscenza scientifica: dalla microfisica alla biologia
molecolare, dalla genetica all'etologia, dalla psicologia sperimentale
alla neurofisiologia, tutte le branche della ricerca e del sapere
scientifico vengono oggi formalmente ossequiate, ma sostanzialmente e
praticamente ignorate. Si accettano e si utilizzano le loro applicazioni
pratiche in campo tecnologico, ma non si raccoglie la loro lezione
fondamentale.
Il partito dell'anti-scienza, il gran partito di Utopia, con tutte le sue
opposte sette e tutte le sue ramificazioni che giungono a dettare
sudditanza ideologica o psicologica persino ad uomini della ricerca e del
sapere scientifico ,
domina oggi incontrastato il mondo della pubblica opinione e della cultura
di massa. ". Ma oggi non è più così. Ufficialmente, grandi nomi della
ricerca, della applicazione pratica e dell'insegnamento universitario
ammettono scopertamente, talora con rammarico, la inconfutabilità delle
conclusioni, Per molti di loro, soprattutto in America, la formazione
culturale di fondo è stata di tipo illuministico: l'ambiente -
l'educazione - era l'elemento determinante sia della personalità
individuale che del progresso evolutivo della umanità. Niente era innato.
Ora, la nuova scuola dissacra le basi di questa formazione.
Il capo naturale di questa scuola è Edward 0. Wilson, un grande zoologo,
autore di due libri che hanno lasciato un profondo segno: The insect
Societies, e Sociobiologia: la nuova sintesi. E il creatore di una nuova
disciplina, la sociobiologia. Le conclusioni scientifiche non lasciano
dubbi: il cervello umano - ogni singolo cervello umano - non è una tabula
rasa che l'esperienza debba riempire attraverso l'accumulo di impressioni
e informazioni, ma è un "negativo impressionato in attesa di essere
immerso nel liquido di sviluppo".
L'ambiente, cioé la vita che lo accoglie e lo nutre, può portarlo - a
seconda che esso sia positivo o negativo - al massimo della sua pienezza o
al minimo della crescita e del rigore: il cervello di un grande
matematico, o di un prodigioso portiere di calcio, se non è stimolato da
attività ed esercizio non svilupperà mai le proprie caratteristiche,
mentre al contrario ricerca ed allenamento stimoleranno lo sviluppo pieno
delle potenzialità genetiche. Quello che però è certo è che il risultato
conclusivo era già contenuto, in potenza, nella pellicola genetica del
cervello.
Il problema centrale, conclude Wilson, è che dalla genetica non dipendono
soltanto l'intelligenza, le inclinazioni, i ruoli, l'aggressività e
l'emotività, ma anche le scelte morali fondamentali, che non sono affatto
il prodotto di un libero arbitrio, ma espressione di tendenze iscritte da
sempre nel patrimonio genetico del nostro cervello. Queste sono, del
resto, affermazioni lucidamente scritte nel mio libro del 1981.
Un altro volume, edito nel 1993 da un altro Wilson, James Q. - senza
legame alcuno con Edward O. Wilson - è The moral sense, che tratta del
rapporto tra scelte etiche e regioni limbica e ipotalamica del cervello.
sono anche queste conclusioni tratte nel mio libro del 1981.
E questa ormai la posizione sostanziale che neuroscienziati e ricercatori
hanno in comune, ma che viene espressa con estrema cautela. Il fondatore
stesso della sociobiologia, Edward O.Wilson, è un vecchio liberal
infarcito da sempre delle antiche sciocche credenze politically correct -
antirazzismo, femminismo, permissivismo sessuale, bontà naturale
dell'uomo, raziopacifismo ed enuncia le verità inconfutabili della scienza
con palese rammarico.
Parlando della differenza genetica tra maschio e femmina nella visione
delle cose, e quindi della naturale separazione del loro lavoro, Wilson
scrive: "Ora, non sappiamo a che punto della evoluzione umana questo
tratto sia emerso, né quanta resistenza opponga alle continue e
giustificate pressioni esercitate in nome dei diritti umani".
Ecco, in questa espressione di Edward O.Wilson le "giustificate" pressioni
tradiscono il politically correct, senza impedire alle femministe
americane di invadere una sua sala di conferenze, di rovesciargli addosso
acqua e blocchetti di ghiaccio, e di sbeffeggiarlo pubblicamente.
Inoltre, la più famosa femminista americana, Gloria Steinem, ha dichiarato
televisione che bisognava interrompere subito gli studi sulle differenze
genetiche tra il sistema nervoso del maschio e della femmina.
Ma l'organizzazione dei politically correct d'America - i "sinistri"
americani- è ormai radicalmente scatenata contro la nuova scienza. Non si
tratta di confutarne le tesi, né di proporre altre vie di studio o di
ricerca. Si tratta di proibirla. Se non di proibirne le indagini, di
proibirne la discussione e la pubblicizzazione. Questo non vale solo per
la sociobiologia, ma anche per altre discipline e ampi di ricerca: tutti
ormai pongono nella genetica - quindi in una predisposizione innata -
l'intera personalità di ogni singolo individuo, e ognuna delle sue libere
scelte.
Uno studio che ha avuto in America una grande notorietà e un persistente
strascico è quello di due psicologi dell'evoluzione, David Likken e Anke
Telleken dell'Università del Minnesota, che dopo uno studio su duemila
gemelli hanno concluso che la felicità di un individuo ha sostanzialmente
basi genetiche.
Così il nostro senso estetico, così l'inclinazione del maschio alla
poligamia così l'omosessualità, così la tendenza alla criminalità.
Quando il famoso psichiatra Frederick K. Goodwin, capo
dell'amministrazione federale per alcol, droga e salute mentale, nel 1992
presentò a on un progetto dell'Istituto nazionale di salute mentale che
trattava della "iniziativa violenza", la relazione che ne sorti fu
esplosiva. L' "iniziativa violenza" procedeva, nel silenzio generale
dell'indifferenza, da dieci buoni anni:è un programma sperimentale che,
come avviene accertatamente tra le scimmie, parte dalla premessa che gran
parte della criminalità sociale umana sia prodotta da giovani maschi
geneticamente predisposti.
L' "iniziativa violenza" presupponeva di individuare fin dall'infanzia
questi potenziali criminali e trattarli con terapie adatte.
Goodwin fu dichiarato fascista, si mobilitarono deputati e senatori,
vennero richieste ed ottenute le dimissioni di Goodwin. Dopodiché il
dipartimento di Sanità e Servizi umani del governo negò che fosse mai
esistita un' "iniziativa violenza". Un convegno già fissato nel maggio
1993 all'Università del Maryland venne annullato. E quando un esperto
della stessa Università, David Wassermann, due anni dopo tentò di riunire
i dispersi ricercatori a Queenstown, un piccolo centro della costa
orientale del Maryland, nonostante la copertura ufficiale di una condanna
dei "nefasti" movimenti eugenetici di inizio secolo, una folla di
protestatarii che inveivano contro il "genocidio" invase la sala e fece
chiudere i lavori con una condanna della "pseudoscienza razzista".
Ancora peggio va nelle ricerche sulle differenze di intelligenza. Per
quanto la maggioranza dei neuroscienziati sia convinta che la dotazione di
intelligenza dipenda fondamentalmente da fattori genetici, una ditta di
nome Neurometrics, che cerca da tempo di commercializzare una cuffia per
testare l'intelligenza, di basso costo e di semplice uso, l'IqCap, basata
sugli studi di E. Roy John e Duilio Giannitrapani, non trova i
finanziamenti necessari.
Stabilito che la scienza emette sentenze che non concedono appelli, il
clima che pervade la politically correctness è quello dell'ostracismo
delle neuroscienze: sembra di essere tornati nell'epoca storica in cui la
dissezione dei cadaveri e le speculazioni sul firmamento erano proibite
dall'autorità morale e giuridica della Chiesa.
Il che non impedì certo alle scienze di progredire, ancorché ad asperrimo
prezzo.
Gli autori più anziani - spesso vittime essi stessi, cominciando da
Wilson, del sinistrismo corrente imposto dai grandi finanziatori della
ricerca, gli oligarchi mondialisti dell'establishment - sono ben
consapevoli del clima dominante, e si muovono con un minimo di
circospezione che pure non evita attacchi e ingiurie. Quella che invece
nelle conversazioni private, nei dibattiti informali che essi chiamano
bull sessions - chiacchierate fra maschi - essi esprimono la più
indifferente libera determinazione.
Dalla fine degli anni Settanta, nell'era di Wilson, gli studenti di
college sono entrati a frotte nelle neuroscienze. La Society for
Neuroscience aveva nel '70 1100 iscritti. Al suo ultimo congresso, a S.
Diego, 23.052 fra professori, ricercatori e studenti ne hanno fatto forse
il più numeroso raduno professionale degli States.
Il settore che mostra il massimo richiamo è quello della filosofia
accademica, che vede masse di studenti passare continuamente ai laboratori
di neuroscienze.
Il "brain imaging" - questa abbozzata ma palese copia del cervello umano e
delle sue funzioni comportamentali basate sulla genetica - apre la porta
alla più grande rivoluzione culturale mondiale dopo quella di Darwin: non
è la Cultura che può influenzare e governare alla lunga il futuro
dell'Uomo, ma è la Natura, con le sue leggi fisse, immutabili ed
inviolabili.
Qundo Nietzsche, avvertito con angoscia il mondo che "Dio è morto",
alludendo al darwinismo scriveva che "se le dottrine ... della mancanza di
ogni diversità cardinale fra l'uomo e l'animale - dottrine che io ritengo
vere ma micidiali - saranno scagliate nel popolo per una generazione ...
nessuno si dovrà poi meravigliare se ... compariranno forse sulla scena
dell'avvenire sistemi di egoismi particolari, affratellamenti a scopo di
rapace sfruttamento dei non fratelli".
Per tutto il Ventesimo secolo, affermava Nietzsche, l'umanità avrebbe
continuato a credere stancamente a quella cosa "miserevole e illusoria"
costituita dai vecchi codici morali in disarmo. Ma nel Ventunesimo secolo
apparirà un'era ancor più terrificante di quella dei grandi conflitti,
un'epoca di eclissi totale di ogni valore, che nessuno, senza un Dio che
ammonisca e punisca, potrà mai superare.
Crollate nella evanescenza dell'innaturale artificio le invenzioni della
Cultura - con la morte di Marx, con la morte di Freud, con la morte di
Pavlov - è crollato il sogno di una supremazia del comportamento umano
determinato dall'ambiente, e determinato con una forza che si approssima
alla progettazione.
L' uomo resta quello che è. Da quando esiste la specie umana - l'Homo
sapiens sapiens, con retaggi di primitivismo e di incompiutezza di
maturazione che analizzammo scientificamente nelle "Radici e il seme" -
niente può più modificare la natura dell'uomo.
Vi sono ancora idee correnti, piani, programmi e servizi dedicati a interi
popoli secondo il "miserevole e illusorio" credo dell'ambiente formativo,
così come vi sono leggi, costituzioni e istituzioni sociali dello stesso
tipo. Lebbra
che pervade l'umanità.
Il futuro, che forse comincia a prendere corpo nei giovani
neuroscienziati, appartiene a chi ha il coraggio della impietosa ricerca
della verità, per piegare il corso della storia alle leggi della Natura
facendo festa di tutto quello che con l'ambiente, il raziopacifismo, il
femminismo ha fino ad oggi avuto potere. Un potere ancora grande, servito
da tutte le strutture di vertice, e da gran parte del mondo delle forze
intermedie e di base.
Ferma e salda qua e là la famiglia, ferma e immutabile l'umana natura,
bisogna attendere il giorno in cui la rivolta delle forze vitali naturali
restituirà all'Uomo la volontà di seguire raziocinio e conoscenza.
Bisogna che il mondo degli uomini veri - non i gay, condannati dalla
natura alla corruzione del corpo sociale, non le femministe, condannate a
seminare caos e disordine, non i criminali, condannati a generare
decadenza e impoverimento - riprenda il controllo dei popoli e ritrovi un
Dio nei Padri e nelle loro leggi, o un freno alla umana natura nella
tradizione religiosa, o gli antichi Dei alti compagni della tragica vita
dell'uomo.
La vita, condizionata dalla verità della nostra natura, conterrà sempre un
seme epico e tragico che il vile fuggirà nella rinuncia. Sarà il più forte
e il più aggressivo, moderato dall'amore per la comunità che nasce dal
senso di appartenenza, a dominare la vita di tutti.Non c'è altra scelta.
Alcuni rifiuteranno la verità e la scienza, alcuni altri resisteranno
sulle antiche posizioni della cultura illuminista, altri ancora
rigetteranno la vita. Ma i più forti - i Vivi - reggeranno in piedi il
grande urto: e tre secoli di follia, nella crescita di una scienza che
dice solo la verità, saranno cancellati dalla storia.
Tragica, disperata, violenta e suprema, la Vita prevarrà.
Questa vita che vede oggi gli uomini morire ogni anno a milioni sulla
crosta del pianeta per la fame, le malattie, le miserie, gli odi tribali,
le guerre, le rivoluzioni, i massacri, i disastri ecologici, i macelli
razziali, tocca oggi per l'intera umanità i suoi limiti più aspri e
terrificanti. Nessuno deve illudersi che la vita, dalla Patagonia a
Vladivostock, dalla Nuova Zelanda alla Carelia, sia quella delle decine di
milioni di uomini del Nord avanzato.
Siamo un'isola di benessere in un deserto di miseria che noi sfruttiamo
predacemente, ma che allo stesso tempo ci assedia dai confini del nostro
potere spiando ogni segno di debolezza. La nostra debolezza attuale sta
nella Cultura
che domina il Nord avanzato sotto l'egemonia della "civiltà" americana.
Il suo primo segno è il presente indirizzo della epistemologia, che spinge
oggi filosofi, matematici e talora scienziati a negare alla scienza la
capacità di comprendere appieno l'uomo, la vita, la storia. Nietzsche,
dopo avere profetizzato gli scontri mondiali del Ventesimo secolo e
l'eclissi totale d'ogni valore del Ventunesimo, pronosticò che la scienza
avrebbe volto contro se stessa il maligno serpe del suo scetticismo e,
posta in discussione la validità dei suoi
fondamenti, si sarebbe autodistrutta.
lo sono certo che la scienza, dopo decenni di interni dissidi, continuerà
la sua strada di verità senza appelli, e le sue applicazioni pratiche
consentiranno ai Paesi del Nord di raggiungere pianeti estremi o di far
saltare la Terra.
Ma intanto per due, per tre generazioni le strutture politiche e culturali
del Sistema continueranno a spingere i popoli al credo liberal le cui
fondamenta sono antiscientifiche.
Finché il dominio della Nuova Scienza non giungerà ad impadronirsi della
cultura di fondo e non cambieranno radicalmente le condizioni politiche
della Terra: allora la sorte imporrà classi dirigenti diverse. Siano esse
consapevoli e raziocinanti - e quindi naturali - o siano esse primitive e
ignoranti d'una scienza dimenticata - e quindi altrettanto naturali - la
vita dei popoli riprenderà tutta a muoversi nella Storia secondo leggi
antiche. Cadranno finalmente i dettami di una costruzione
intellettualistica prodotta dall'Illuminismo, e gli ordinamenti della vita
sociale obbediranno al sentire profondo dell'uomo e al suo indominabile,
radicato, bisogno del Sacro e del Divino.
Sergio Gozzoli
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delle firme digitali 5589 (20101103) __________
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per quanto riguarda i dati ripresi dalle'sperimento scuole posso assicurarti
che nno riguarda inteligenza, ma qualita' della scuola..piu' sali piu' c'e'
attenzione, che nno significa intelligenza.



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m.m.
2010-11-16 18:45:16 UTC
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Post by Artamano
articolo interessante perchè mostra la stupidità della cultura occidentale
attuale.
Non so se di tutta la cultura occidentale attuale ma certo di una parte.
Pretendendo solo di dire qualocsa di antropologia e di storia,
escludendo quindi tutto quello che ha a che fare con it.politica.destra,
comincerei, in ordine, a mettere in questione il problema iniziale: "Al
sud si è più stupidi?"
a) cosa è il sud? Se usciamo dal prodotto culturale costruito dalla
classe politica, soprattutto meridionale, nel periodo post-unitario,
quello che resta è una grande eterogeneità di territori e culture, che
solo con molta elasticità può esser ridotta a un comune denominatore. In
effetti uno dei problemi storici è quello di comprendere come mai le
plebi meridionali siano state considerate come qualcosa a se stante,
divise dalle plebi settentrionali, con cui avevano certo molto più
incomune di quanto avessero con la nobilità, poniamo, siciliana.
Costruito il "problema mezzogiorno", la c.d. "questione meridionale", le
classi politiche italiane, tutto sommato costituite da fior di
intellettuali e patrioti convinti, dovettero risolverlo, e uno dei modi
fu quello di qualificare il mezzogiornocome un dato unitario. Una scelta
culturale e non certo un dato sociologico.
b) al sud sono stupidi? Tanto per citare qualcosa, Gentile e Croce erano
meridionali, l'illuminismo di punta in Italia era a Napoli...Tra la fine
dell'800 e l'inizio del '900 era verità autoevidente che i veneti
fossero stupidi. Prima di cercare le risposte alle domande occorrerebbe
verificare se le domande sono sensate. Il vero problema è: come mai a
qualcuni viene in mente di pensare che al sud sono stupidi? Questo
eviterebbe, ad esempio, di cadere nell'idea che
c) ci siano lingue "intelligenti" e lingue "stupide". Non solo l'idea è
singolarmente datata, ma dovrebbe far sorgere la domanda successiva: se
ci sono lingue stupide e linge intelligenti, come capita che un popolo
si scelga una lingua stupida invece di una lingua intelligente?
d) un vero problema storico è: come si sono formati i pregiudizi verso i
meridionali? Problema che potrebbe trovare soluzione nell'analisi dei
resoconti degli ufficiali incaricati della repressione del banditismo,
resoconti che, giungendo ai giornali nazionali (ma tutti del nord),
costruivano un'immagine chiaramente parziale e superficiale dei
meridionali. Poiché gli ufficiali si trovavano in guerra sarebbe stato
strano che avessero avuto altre idee. E' però strano che oggi si faccia
ricorso a simili battute: sarebbe come se per conoscere l'Afghanistan ci
si affidasse solo alle strutture cognitive dei soldati che sono là.
e) Al sud sono più poveri? Certo oggi si ma il REgno delle Due Sicilie
era assai più ricco di quaello sabaudo e, al livello della gente media,
si viveva meglio a Napoli che a Torino. Le casse napoletane avevano più
oro e le spese sociali di Napoli erano superiori a quelle (nulle) dei
Savoia. Detto questo è chiaro che la storia correva nella direzione del
REgno d'Italia e questo regno non poteva certo farlo Napoli. Ma si
dovrebbe almeno evitare di considerare un dato attuale (risultato di
errori macrospcopici ancorché, forse, inevitabili) per un dato permanente.
f) almeno dalla fine del '700 l'antropologia non usa più le categorie
stupido/intelligente per valutare le culture ed i popoli. Inn un NG di
antropologia è strano ritrovare simili questioni.
m.
Artamano
2010-11-16 21:03:24 UTC
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Post by m.m.
Post by Artamano
articolo interessante perchè mostra la stupidità della cultura occidentale
attuale.
c) ci siano lingue "intelligenti" e lingue "stupide". Non solo l'idea è
singolarmente datata, ma dovrebbe far sorgere la domanda successiva: se ci
sono lingue stupide e linge intelligenti, come capita che un popolo si
scelga una lingua stupida invece di una lingua intelligente?
non sceglie,fa quello che può secondo le sue possibilità.
Il meridione d'Italia non è più "stupido" del settentrione.La sua diversità
è insita nell'indole della razza mediterranea.Più portata all'estroversione
chiassosa che alla disciplina.E questo sia nel bene che nel male.Non è un
giudizio di merito.
Poi conta molto la conquista violenta e prevaricatrice ,che ha distrutto gli
equilibri di una società ancora troppo legata ai legami personali che alle
leggi.
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